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La storia di Jonny

Il primo impatto

Come sei arrivato a capire che nella tua vita aveva fatto incursione questa malattia?

La mia è una storia complicata nel senso che, prima di ammalarmi di anoressia, mi sono fatta tre anni buoni di tossicodipendenza.
Quando avevo 14 anni, nell’Estate fra la 1^ e la 2^ superiore, ho iniziato a lavorare nel bar che gestiva il papà di un mio amico: era una specie di lavoretto estivo che svolgevo in maniera non propriamente ufficiale, data la mia età, ma che mi consentiva comunque di guadagnare qualche spicciolo per soddisfare i miei sfizi.
Mentre lavoravo in questo bar, una sera è venuto il proprietario di una discoteca della zona: mi ha notata, e mi ha chiesto se volevo lavorare come ragazza-immagine nel suo locale e quindi ho iniziato a svolgere una sorta di doppio lavoro.
Questo è stato il primo passo: sono poi entrata in un giro di discoteche e successivamente, tramite alcune persone che frequentavano questi locali, sono entrata in un'agenzia ed ho iniziato a fare la modella/fotomodella.
E' stato l'inizio della fine. Conclusi gli anni dell'obbligo ho mollato la scuola, e per essere sempre più prestante e super efficiente nel mio doppio lavoro di ragazza-immagine e modella, ho iniziato a fare uso di sostanze.
Sono iniziati così 3 anni di tossicodipendenza che mi hanno spinta fino al limite estremo, per farmi poi approdare all'anoressia.
Quando assumi sostanze, sebbene ti devasti, la sensazione avvertita sul momento è quella di onnipotenza: ti sembra di riuscire a fare tutto, di poter programmare nei minimi dettagli una vita super piena di impegni e di successo, ti senti come se avessi tutto sotto controllo e fossi una gran ganza per questo. Pertanto, nel momento in cui arrivi a quel limite in cui capisci che non puoi andare oltre, perchè l'oltre non è di questo mondo (cosa che nel mio caso è accaduta dopo ripetuti episodi di overdose in seguito ai quali sono stata ripresa per i capelli) ti trovi a raschiare il fondo.
Io non potevo permettermi una tale caduta, perchè non ero in grado di affrontare la sensazione di una totale perdita di controllo, pertanto ho trovato una soluzione nel cominciare a controllare l'alimentazione come forma di conforto a fronte del fatto che non riuscivo più a provare le sensazioni positive che percepivo quando assumevo sostanze.
Diciamo che l’anoressia è stata inizialmente una sorta di tappabuchi che ha tacitato il bisogno di farmi, ma di fondo non è cambiato niente: avevo lasciato una dipendenza da sostanze per abbracciarne una ben peggiore, la dipendenza da controllo. Perchè controllare quello che si mangia è esattamente ciò che si fa quando si sceglie di restringere.
L’anoressia, per quanto patologica, era un qualcosa che mi dava sicurezza e soddisfazione, pertanto anche se mi rendevo conto di quanto potesse esserci una base distorta e malata, sono andata avanti su quella strada.
Il ragionamento di fondo era una cosa del tipo: può funzionare che io possa avere questi comportamenti restrittivi nei confronti dell’alimentazione piuttosto che continuare ad assumere sostanze. Quindi, sebbene fossi consapevole che si trattava di un comportamento anomalo ed insano, pur di non correre il rischio di tornare a essere dipendente da cocaina & company, ho tirato avanti con la restrizione alimentare. Tiro tutt’ora avanti, alternando periodi in cui mi alimento più o meno a modino a periodi in cui torno a restringere l'alimentazione: non voglio dire di essere brava, di essere guarita, o cosa.

Quali sono state le reazioni tue e di chi ti circonda?

Non c'è mai stata da parte mia alcuna esplicita ammissione della mia malattia, ma credo che in certi momenti sia stata fisicamente palese e, sebbene vivessi in autonomia a causa del mio lavoro, le rarissime volte in cui facevo capolino nella mia città natale e beccavo qualcuno dei miei familiari, non dubito che potessero immaginare cosa mi stesse accadendo. Insomma, o mi facevo passare sopra da uno schiacciasassi tutte le mattine per sembrare più sottile, o avevo un disturbo alimentare.
Ad ogni modo, tanto per la tossicodipendenza quanto per l'anoressia nervosa, i miei familiari non hanno fatto una mazza di niente, salvo rompermi i coglioni perchè volevano che andassi in Comunità, in terapia, in una cella d'isolamento in cui chiudermi e buttare via la chiave, e mi urlavano contro esasperati. E questo fin da prima, fin da quando l'anoressia era lontana anni-luce, ed il problema si chiamava "quella depravata di tua figlia si droga".
Io, ovviamente, me ne sono sempre strabattuta ed ho fatto comunque di testa mia.


Come si affronta

Come ti sei curato? Quali le tappe o le fasi più significative del tuo percorso terapeutico?

Sono stata svariate volte in Comunità, dalla quale ho fatto un dentro-fuori perchè preferivo decisamente la parola alla destra del trattino. Per un breve periodo sono anche stata ricoverata in una struttura che si occupa specificatamente del trattamento di gente con disturbi alimentari, dalla quale sono rigorosamente fuggita a gambe levate.
Insomma, stronzi in camice bianco di ogni foggia e misura come se piovesse, che si credevano chissà chi, novelli Superman, i grandi salvatori di povere anime derelitte, ma che in realtà non ne capivano una mazza. Infatti ho sempre mollato tutto.
Potrei quindi dire che per l'anoressia nervosa fondamentalmente non ho chiesto pressochè nessun aiuto perché, avendo avuto pessime esperienze in Comunità con la tossicodipendenza, e un'esperienza ancora peggiore con quel tentativo di ricovero in clinica, mi sono decisamente stufata. Cerco di arrangiarmi, di gestirmi po’ da sola perché comunque non sono una completa stupida: quando mi rendo conto che sto esagerando cerco di riprendere in mano le redini e di mangiare in maniera più adeguata e infatti ho dei periodi in cui faccio l'altalena con il peso, ma soprattutto con la testa, perché quando vai giù di peso vai anche giù di testa, è tutto collegato.


Cosa cambia

Come è cambiata la tua vita da quando hai affrontato/stai affrontando questo problema di salute?

Con l'anoressia nervosa la mia vita è cambiata radicalmente.
Ero una ragazzina maschiaccio, piena di falsa sicurezza da svendere agli altri, tormentata, quasi senza un nome…L'anoressia un nome me l’ha promesso. Mi ha promesso il nome più bello, mi ha fatto tante di quelle promesse che neanche le ricordo tutte… Ma la promessa più importante, quella che un giorno sarei stata tutto quel che desideravo è stata completamente disattesa.
L'anoressia è una dannata bugiarda, e bugiarda lo sono diventata anch’io. Con gli altri, ma soprattutto con me stessa.
Così tanti anni, così tanti avvenimenti. L'anoressia è stata testimone di ogni fatto, aggrappata con le unghie sulle mie spalle, tumore bastardo che si è sempre più ingigantito spezzandomi in due la schiena.
L'anoressia ha visto ogni cosa.
In una testa dove non esisteva alcuna regola, l'anoressia è diventata la mia legge, trascendente e onniveggente.
Insieme all'anoressia sono cresciuta, sono diventata grande. Mi ha affiancato in ogni passo.
E' sempre stata lì. Quando avevo bisogno, era la mia ancora di salvezza, la mia fallace dimostrazione che potevo controllare ogni cosa.
E' sempre stata lì. Sempre.
Era lì quando volevo diventare qualcosa fuori dal comune.
Era lì quando il modello di una sorella minore perfetta era troppo irraggiungibile per poterci arrivare da sola.
Era lì quando mi facevo beffe di una madre svampita.
Era lì alla punizione paterna della prima sigaretta sgamata.
Era lì quando lavoravo h24 senza perdere un colpo.
Era lì quando la dieta delle 48 ore non mi metteva in difficoltà, anzi, era una bazzecola.
Era lì quando ho cercato una soluzione ai miei problemi.
Era lì quando non c’era nessun altro.
Era lì quando ho macchiato la mia fedina penale.
Era lì quando le giornate passavano grevi e si gettavano a capofitto nell’oblio.
Era lì quando mi hanno ritirato la patente.
Era lì quando ho scoperto l’inebriante sapore del sangue.
Era lì quando la lametta andava più a fondo che poteva, quando la carne impudicamente si apriva. Eri lì quando la siringa scoprì la vena.
Era lì quando tagli, lividi, buchi e bruciature erano tutto ciò di cui avevo il controllo.
Era lì accanto ad ogni arrabbiatura, ad ogni cazzata, ad ogni pulsione suicida.
Era lì tutte le volte che alcool e spinelli mi hanno avvelenato.
Era lì tutte le volte in cui sono andata in overdose e mi hanno ripresa più morta che viva.
Era lì ogni volta in cui entrata in Comunità, e ogni volta in cui sono scappata.
Era lì quando sono stata ricoverata in struttura per gente con disturbi alimentari, e quando di nuovo sono scappata.
Era lì quando ho continuato a fare stronzate.
Era lì quando mi sono presa quello che volevo, senza ottenere quello che desideravo.
Era sempre lì: in ogni tentativo di autodistruzione.
Era lì. E' qui. Sempre.
(Dubbi sul fatto che la mia vita possa essere radicalmente cambiata?)

Quali sono le emozioni che quotidianamente devi affrontare?

Amo ed odio l'anoressia.
Da un certo punto di vista vorrei che mi restasse addoso per sempre, ma non posso permetterglielo perchè sono consapevole che mi porterà sempre e solo dannatissime illusioni.
L'anoressia ha riempito di piaghe la mia vita. Me l’ha rovinata. Me la sono rovinata con le mie stesse mani.
So che ci sono abbastanza motivi per cercare di impegnarmi seriamente ad uscirne.
E allora perché sto già scappando, mentre non riesco a stringere più a fondo? E ora che sto correndo vorrei che fossi qui con me, che fossi qui…
L'anoressia mi ha messo nei guai fino al collo, si è presa tutto, non mi ha restituito niente. E' stata brava, certo più di me, a ingannarmi senza maschera, e io cretina a darci dentro. Ho creduto, ho ceduto, mi sono illusa, mi sono dannata. Ma ora so che cos'è veramente l'anoressia. Un gioco in cui non si può vincere. Una stronza di ossessione. Il vuoto sotto i passi, una prigione quotidiana. Il mio più grande errore. Un errore che ripeterei. Anche subito. Ma, cazzo, adesso mi chiedo: davvero ne vale la pena? E se mi do il permesso di farmi questa domanda, significa che in realtà conosco già la risposta.


Piccoli consigli di Jonny

Come reagire

Cosa direi ad una persona che si affaccia all'anoressia nervosa?
Scappa finché sei in tempo.
L’anoressia ti dannerà la vita. Non lo sai. Non te lo puoi neanche immaginare.
Se pesi 55 Kg non hai nemmeno idea di cosa voglia dire guardarti allo specchio e vederti con lo stesso fisico di Isabelle Caro.
Non sai cos'è una sincope, non sai cos'è una vertigine, non sai cosa vuol dire avere ossa così fragili che si fratturano per cazzate, non sai cosa vuol dire perdere manciate di capelli quando li lavi, non sai cosa vuol dire avere sempre freddo, non sai cosa vuol dire restringere l’alimentazione per anni, fumare sigarette su sigarette, e vedere a malapena i passanti che chiamano l'ambulanza (perchè c'è anche chi mammina e papino non ce li hanno a coprirgli le spalle), non sai cosa vuol dire avere le allucinazioni, non sai cosa vuol dire avere la fissa di voler controllare tutto, sempre e comuque. Non sai un cazzo.
Se stai entrando nel mondo dei disturbi alimentari, ciò significa che non hai ancora l’anoressi

Come dirlo alle persone care

Io non credo si possa guarire dall'anoressia nervosa. Ma credo che si possa stare meglio.
L'idea di una sorta di guarigione completa me sinceramente fa paura. Non credo avrò mai la certezza di essere del tutto fuori pericolo, e non credo neppure di desiderarla. Il momento in cui abbasso le difese, in cui penso che ormai sono a posto, è sempre seguito, prima o poi, da una ricaduta più o meno devastante.
Guardando altre persone che hanno ricostruito la propria vita oltre l'anoressia nervosa, ne deduco che si possa anche star bene, molto bene, che si possa riempire la propria vita con le cose che ci piacicono e non c'entrano una mazza con l'anoressia e che si possa imparare ad affrontare le difficoltà senza trincearsi dietro l'anoressia e riacquistare una maggiore serenità.
Anche io sto meglio (o, per lo meno, un po' meglio, vado a fasi) rispetto ad anni fa. Ma guarita non mi considererò mai. Non poter controllare tutto, mangiare senza pensarci, non restringere, non saranno mai situazioni facili.

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