Sistema endocrino, nutrizionale e metabolico

Diabete mellito senza menzione di complicanze

Diabete mellito
La storia di Riccardo Gavino

Il primo impatto

Come sei arrivato a capire che nella tua vita aveva fatto incursione questa malattia?

Sono arrivato alla diagnosi in maniera casuale, quando avevo 16/17 anni. In quel periodo della mia vita praticavo atletica leggera ad alti livelli; in famiglia, del resto, siamo tutti sportivi visto che mio padre è stato il mio allenatore e mio fratello sarebbe diventato, in seguito, atleta olimpionico partecipando alle Olimpiadi di Atene 2004. Era i novembre del 1989 e fui chiamato per partecipare ad un raduno della nazionale Italiana di Atletica Leggera, di categoria, nella specialità dei 110 ostacoli. Come da prassi mi dovetti sottoporre alla visita medico-sportiva; purtroppo l’analisi delle urine rivelò zuccheri nelle urine, una glicosuria. A ripensarci, nel periodo precedente mi era capitato di sentirmi molto debole, in preda di una fame senza regole che mi spingeva a desiderare, in particolare, dolci e alimenti zuccherati. Avevo inoltre sempre sete e perdevo peso in modo ingiustificato. Il medico di famiglia, dimostrandosi con il senno di poi alquanto superficiale e troppo ottimista, aveva liquidato il tutto come una “fase” di debolezza mi aveva prescritto degli integratori nutrizionali a base di carboidrati: il massimo per una persona in fase di pre-diabete…
La conferma della diagnosi è giunta dalla prima rilevazione della glicemia, che è risultata pari a 174... da quel momento è cambiata la mia vita, è comparsa l’ombra di quello che si è materializzato in breve tempo come il diabete insulino-dipendente; oramai e da trent’anni mi segue, davvero come un ombra…

Quali sono state le reazioni tue e di chi ti circonda?

Sulla mia reazione, sicuramente di sconforto, ha pesato molto l’atteggiamento del medico del centro di diabetologia di Iglesias al quale mi sono rivolto allora: mise il veto sullo sport, consentendomi solo camminate; m’impose una dieta restrittiva; addirittura non mi prescrisse insulina perché la mia malattia non aveva avuto esordio grave, e mi sottopose invece a una cura a base di metformina. In 8 mesi persi 8 chili di peso, giungendo a pesare solo 53 kg per quasi 180 cm di altezza! Mio padre reagì ancora peggio, e non è difficile capire il perché. Lui è un grande scopritore di talenti, ed i numeri lo confermano: ha infatti portato a vestire la maglia azzurra ben 5 Iglesienti, ed aveva già intravisto in me del talento per la specialità atletica dei 110 ostacoli. Lo abbatté il pensiero che io non potessi più praticare atletica ad alti livelli.
Fu inevitabile, date le circostanze, che reagissi male, chiudendomi in me stesso: non sopportavo l’idea che qualcuno potesse provare compassione per me fino a quando, molti anni dopo, incontrai una persona che mi fece cambiare completamente atteggiamento.


Come si affronta

Come ti sei curato? Quali le tappe o le fasi più significative del tuo percorso terapeutico?

Dei vari centri ai quali mi sono appoggiato ricordo in particolare la competenza e le professionalità incontrate presso l’ospedale San Giovanni di Dio con la Dott.ssa Tiziana Pedone, che mi ha avviato alla medicina narrativa aiutandomi a creare un gruppo di auto-aiuto di diabetici poi trasformato in una associazione di pazienti diabetici. Un'altra esperienza molto formativa ed utile per la mia crescita come paziente è stata quella fatta all’ Ospedale Careggi di Firenze, dove ho conosciuto due bravissimi specialisti, il Dott. Stefano Giannini e la Dott.ssa Laura Pala. Sono sempre rimasto in contatto con il centro di Diabetologia del Brotzu di Cagliari, un punto di riferimento durante il periodo dell’Università. Il Dott. Marco Songini, infine, è colui che mi ha insegnato veramente a convivere con il diabete, (anche lui è diabetico insulino-dipendente), ed è stato per me uno sprone oltre che un modello; è stato anche grazie al suo apporto se ho ricominciato a fare Atletica, anche se oramai avevo 23 anni ed il “treno” della maglia azzurra era passato. Fu un breve ma bellissimo momento riuscire a correre un 100m e rivivere le sensazioni dell’andare veloce; ho chiuso la mai iniziata carriera da Atleta con 11’’03… Un peso, nell’ambito del mio percorso, lo ha inoltre avuto, ad un certo punto, la scelta di allontanarmi da casa, separandomi per qualche tempo dalla miei genitori, che hanno probabilmente vissuto male la mia malattia perché, a torto, si sentivano responsabili di questa mia condizione di salute.


Cosa cambia

Come è cambiata la tua vita da quando hai affrontato/stai affrontando questo problema di salute?

Credo che convivere con il diabete t’insegni a dover prevedere il futuro prossimo. Bisogna diventare molto abili in questo senso, calcolare scrupolosamente le dosi d’insulina da assumere in base non solo a che cosa si mangerà, ma anche a quale attività si pensa d’intraprendere nelle ore seguenti al pasto. La malattia ti fa assumere consapevolezza dei tuoi limiti; al contempo ti senti sempre in bilico su un filo, mai del tutto rilassato, costantemente in stato di allerta. A mio avviso il diabete di tipo 1 è un tipo di insegnante molto difficile, dato che prima ti fa l’esame e poi ti spiega la lezione…

Quali sono le emozioni che quotidianamente devi affrontare?

In ambito professionale ho scelto di parlare della malattia solo dove l’ho ritenuto opportuno. Per un periodo, per esempio, ho lavorato in una multinazionale del farmaco, occupandomi anche di farmaci impiegati nelle terapie per le persone con diabete; in quel contesto, molto competitivo, parlare della mia malattia sarebbe stato deleterio. Oggi ne parlo senza problemi: da qualche anno ho scelto di cambiare completamente vita, privilegiandone la qualità. Sono tornato a Iglesias e lavoro come insegnante di chimica in una scuola superiore. Vivo molto meglio rispetto a un tempo.


Piccoli consigli di Riccardo

Come reagire

Ai ragazzi diabetici come me suggerisco di studiare, per approfondire le proprie conoscenze riguardo alla malattia; ma anche di non farsene sopraffare, addirittura di coglierne i possibili aspetti positivi.

Come dirlo alle persone care

Come ho accennato, a lungo ho vissuto male il fatto di essere diabetico e mi sono chiuso. Oggi ne parlo tranquillamente perché ho trovato un equilibrio. Mi ha aiutato molto, in questo senso, un percorso di condivisione con altre persone che vivono la mia condizione di salute. Fondamentale, a mio avviso, è, ancor prima di dirlo, capire con chi hai a che fare, così da individuare la chiave giusta per fare passare il messaggio.

Come informarsi sulle cure migliori

Credo che i canali d’elezione per informarsi siano in primo luogo il centro diabetologico con tutte le sue professionalità, quindi le associazioni di pazienti diabetici, come quella che abbiamo costituito ad Iglesias (ADIC onlus Associazione Diabetici Iglesias e Carbonia onlus): è molto ben strutturata in questo senso, perché il consiglio direttivo ingloba persone e professionisti molto eterogenei, con competenze diverse e ben assortite. Anche la rete può essere una fonte preziosa d’informazioni, ma bisogna sapersi orientare nella vastissima offerta, documentandosi su siti web affidabili e ben qualificati.

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