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La storia di Silvia

Il primo impatto

Come sei arrivato a capire che nella tua vita aveva fatto incursione questa malattia?

I disturbi alimentari si sono affacciati nella mia vita quando avevo 15 anni e dovetti smettere di giocare a calcio a causa di vari infortuni. In un primo momento, in realtà, i problemi si sono incanalati in un comportamento anoressico. Smisi di mangiare con la mia famiglia, saltavo i pasti e dimagrii. Mia mamma, preoccupata, mi portò così all’Ospedale San Gerardo di Monza. Presto il comportamento si trasformò in bulimia, per diversi anni continuai ad abbuffarmi ed a praticare sport compulsivamente, assumendo talvolta lassativi per tenere a bada il peso. A partire dai 23 anni circa iniziai a vomitare.

Quali sono state le reazioni tue e di chi ti circonda?

Di certo non stavo bene, mi chiudevo in me stessa e sentivo di perdere il controllo sulla mia vita. I miei genitori erano molto preoccupati; del resto erano gli unici a essere a conoscenza del mio problema, che invece nascondevo agli amici nonostante limitasse parecchio la mia vita sociale, in quanto cercavo di evitare tutte le occasioni conviviali. Col passare del tempo ho deciso di confidarmi e parlarne con le persone più vicine a me. Normalmente le persone non se ne accorgevano, perché dall’esterno la mia vita sembrava serena, studiavo con buoni risultati, sono sempre stata molto dedita al lavoro, apparentemente realizzata, una vita sociale con molti amici, attività, viaggi, etc. Tuttavia è vero che negli anni ho subito molte oscillazioni di peso.


Come si affronta

Come ti sei curato? Quali le tappe o le fasi più significative del tuo percorso terapeutico?

L’incontro con la Dottoressa Bertelli e il percorso di psicoterapia intrapreso con lei sono stati decisivi per me, per la mia evoluzione come persona, e mi sento molto fortunata e grata per questo. Su suo consiglio ho provato anche la terapia di gruppo organizzata sempre presso l'ospedale San Paolo, che mi ha permesso di ragionare sulle emozioni e sulla percezione corporea, così come la sperimentazione dello psicodramma.
Per conto mio mi sono sempre data da fare negli anni per trovare ulteriori aiuti e supporti quali la lettura, lo yoga, il tai chi, la meditazione ed altri ancora.


Cosa cambia

Come è cambiata la tua vita da quando hai affrontato/stai affrontando questo problema di salute?

Con alti e bassi il disturbo alimentare mi accompagna ormai da 20 anni. Inutile dire che ha influenzato la mia vita in vari aspetti, come la vita sociale ed il mio rapporto con gli uomini. Tuttavia è stato anche una spinta a compiere un percorso su me stessa, a conoscermi meglio e capire da dove arrivava tutta quella sofferenza. Con il tempo ho imparato ad accogliere e capire tutte le mie emozioni (invece di soffocarle col cibo), a comprendere i motivi che talvolta mi portano a cercare di colmare un vuoto emotivo.
Per me l'accettazione è stato un passo fondamentale per smettere di lottare contro me stessa ed il mio corpo, e per imparare ad amarmi.

Quali sono le emozioni che quotidianamente devi affrontare?

Il mio modo di vivere le emozioni è cambiato: prima ero una macchina da guerra, mi buttavo sul lavoro e sullo sport compulsivo e impedivo alle mie emozioni di venire a galla. Più tardi ho scoperto di essere, in realtà, una persona più sensibile della media, così adesso cerco di dare spazio alla mia emotività, di accogliere tutte le emozioni. Non esistono emozioni negative ed emozioni positive, cerco di accettarle tutte.


Piccoli consigli di Silvia

Come reagire

Il mio consiglio è di farsi aiutare e di imparare ad accettarsi e volersi bene.
Quando il disturbo alimentare si protrae per molti anni, tende a caratterizzare molto la persona, diventando un po’ un “tallone d’Achille”, ma si può convivere pensando che tutti hanno il proprio punto debole. Dunque la malattia può essere vista come una risorsa, un campanello d'allarme che ti costringe ad ascoltare le tue emozioni e tornare di continuo sui tuoi apprendimenti. Non bisogna dimenticare quanti ostacoli si è riusciti a superare nel tempo, e questo può dare la forza per superare qualsiasi problema si presenterà in futuro, e nello stesso tempo per apprezzare di più la vita e le piccole cose.
Ricadere non vuol dire fallire, può capitare ma non bisogna vivere con la paura. A me è successo di recente, dopo 3 anni che mi sentivo “guarita”, in concomitanza con un lutto, ma si può ugualmente rialzarsi e ripartire facendo tesoro di quanto appreso prima.
In definitiva, per quanto sembri difficile, si può stare meglio e guar

Come dirlo alle persone care

Credo sia utile parlare del proprio problema con le persone care, accettare il loro aiuto e affetto, sapere che ci vogliono bene e ci apprezzano a prescindere. Anche questo rafforza l'accettazione di se stessi ed inoltre ci fa sentire meno soli nei momenti di difficoltà.

Come informarsi sulle cure migliori

Penso che le strutture ospedaliere siano il miglior punto di riferimento per informarsi, per la diagnosi e per trovare supporto durante il proprio percorso; fondamentale è anche instaurare un rapporto di completa fiducia con il proprio medico, ed io, da questo punto di vista, sono stata molto fortunata.

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